La LEGGENDA di SAN LUCANO e la BEATA VAZA
Fece la sua comparsa a Sabiona, vicino a Bressanone, nel V secolo dopo Cristo come Vescovo dell’omonima Diocesi. Di lì iniziò la propria opera di evangelizzazione dei pagani che vivevano sulle vicine montagne, predicando per la prima volta loro in lingua Ladina. Verso il 423-424, a conseguenza di una prolungata siccità, le valli tridentine furono colpite da una grande carestia, presto si esaurirono i prodotti dei campi e cominciò quindi a scarseggiare il pane. Vigeva in quei tempi l’obbligo cristiano del digiuno quaresimale che consisteva nel divieto di mangiare durante il giorno, e di evitare carne, uova e latticini durante tutto il periodo. Il Vescovo Lucano, vedendo la gente ridotta alla fame, tolse perciò il divieto di cibarsi dei prodotti delle stalle. Subito uomini infidi lo accusarono di eresia presso il Papa, così dovette mettersi in viaggio verso la Santa Sede per scagionarsi.
La Benevolenza di Dio scese da quel momento su di lui. Partito a dorso della sua modesta cavalcatura, comandò ad uno stormo di pernici bianche di seguirlo
quale dono per il Pontefice. Scampato alle insidie delle foreste selvagge tra bestie pericolose e briganti giunse una sera verso Spoleto dove sostò in
un’umile osteria. Trovando la moglie dell’oste gravemente malata pregò per lei presso il Signore, e dopo averla benedetta costei si alzò dal letto
completamente guarita. Riprendendo il suo viaggio trovò il suo cavallo sbranato da un orso, chiamò così la belva e le comandò: “Orso, tu mi hai ucciso
il cavallo, ora ti comando di prendere il suo posto” l’orso ammansito obbedì, e insieme si incamminarono verso Roma. Entrò nella stupenda capitale
imperiale, umile, a dorso dell’orso, seguito in volo dalle dodici pernici bianche. Arrivato al cospetto del Papa si tolse il mantello e lo appese ad un
raggio di sole che entrava dalla finestra. Il Sommo Pontefice stupito dai miracoli che si compivano sotto i suoi occhi lo liberò dalle accuse, lo
benedisse, e ringraziò Dio per averlo fatto degno di conoscere il Santo. San Lucano ritornò a Sabiona, ma la persecuzione dei suoi nemici continuò.
Si ritirò così sui monti delle vicine Dolomiti, predicando il Cristianesimo di valle in valle. Un giorno, dirigendosi in Val del Biois dal Primiero
attraverso l’Altopiano delle Pale di San Martino, dal cielo sereno scaturì un grande fulmine che colpì la roccia al suo fianco. Impaurito San Lucano
guardò il luogo dell’impatto: meraviglia delle meraviglie si era formato un grande buco a forma di cuore - il celebre Cor de San Lugan - . Guardandovi
attraverso vide lo spettacolo dell’allora Val Bisera che si estendeva verso la Conca Agordina. Colto il segno divino San Lucano si ritirò a vita
eremitica in un’inospitale caverna lì vicina: la Grotta di San Lucano (nel ladino locale “Cól de San Lugan” ) dove – racconta la leggenda - “Tutto
infiammato dell'amor di Dio, non sentiva né fame, né sete, né freddo, né sonno”. Un giorno un'ispirazione angelica ordinò a Lucano di avviarsi verso il paesino di Listolade appena fuori della valle per incontrare una pia donna
del posto. Mentre percorreva il sentiero gli si parò davanti il Diavolo in persona che sottoforma di serpe lo sfidò. Ingaggiarono così una furiosa lotta
che li portò fin sulla cima dell'Agner. A quel punto il Santo decise di compiere un miracolo per fermare definitivamente il maligno: si tuffò a testa
in giù dalla montagna lungo le grandi pareti rocciose ed atterrò in fondo alla valle arrestando la sua caduta con le sole tre dita della mano destra che
bucarono la roccia sottostante. Ne scaturì un'enorme esplosione alla vista della quale il diavolo si arrese. San Lucano vittorioso lo imprigionò quindi
nel punto più profondo della Valle della Bordina battuto in eterno dalla grande Cascata. Da quel momento l'impervia forra venne chiamata Valle dell'Inferno.
Potendo così continuare il suo viaggio Lucano raggiunse presto Listolade dove incontrò la povera e pia contadina: Važa (o Avazia) era il suo nome.
Questa donna pregava in ogni momento del giorno e della notte, spesso in una caverna a monte del paese, anche sottraendosi al lavoro ed era per questo
perseguitata e maltrattata dalla suocera. Donava tutto il suo cibo ai poveri e si sosteneva mangiando una strana erba chiamata Dentivèl (o Zus Verde),
mangiando piangeva e cantava:
"Dentivino Dentivello,
Tu sei buono ti sei bello,
Bella pelle tu mi dai,
Ma morire tu mi fai"
Giunto da lei San Lucano impresse nella roccia davanti ai presenti una croce con le dita, lei lo scelse come maestro e lo seguì all'eremo con l'approvazione
della suocera e del marito, che furono orgogliosi di aver vissuto con una santa. Pregando e facendo penitenza nella Grotta, dopo tre giorni Važa chiese
dell'acqua. San Lucano la esortò però a pregare più intensamente sopportando ogni tentazione per poter raggiungere la santità ma la povera non riuscì a
resistere. Il Santo le disse qundi: "Vazza Vazza, se non riesci a vincerti non diventerai mai Santa, ma resterai per sempre Beata". Percosse quindi il
fondo dell'antro con il suo bastone e subito vi scaturì una sorgente di acqua limpida alla quale la donna si dissetò perdendo la santificazione e diventando
quindi la Beata Važa.
Con l'andar del tempo i due diventarono troppo vecchi per poter continuare a condurre la loro vita sulla montagna, si trasferirono quindi a fondovalle
fuori del paese dove i devoti avevano costruito loro un piccolo rifugio. Vazza, benché più giovane, morì prima di Lucano che la seppellì quindi in quello
stesso luogo. Subito dalla sua tomba scaturì una sorgente d'acqua miracolosa poi asportata assieme alla tomba dall'alluvione del 1966.
Alla morte di San Lucano, le comunità cristiane ne conservarono tramandandosi di generazione in generazione le virtu`, i meriti e i miracoli, lo venerarono
come Santo, gli intitolarono la Val Bisèra dandole il nome di Valle di San Lucano e sul luogo della sua morte edificarono la Chiesa a lui intitolata.
Torna su
|